Bracconaggio: in 3 ore catturate 101 carpe
Due bracconieri sorpresi tra Comacchio e Ostellato: usavano un elettrostorditore per razziare il canale. È l’ennesimo episodio di una piaga sempre più diffusa.
Ancora un episodio di bracconaggio ittico che colpisce duramente l’ambiente e la pesca sportiva. È successo pochi giorni fa, nel cuore della provincia di Ferrara, lungo il canale Circondariale tra Comacchio e Ostellato, zona ben nota ai pescatori sportivi per l’abbondanza e la varietà di pesce.
Questa volta, però, le prede non sono state frutto di una sessione regolare di pesca: due cittadini di origine rumena sono stati colti sul fatto dai Carabinieri Forestali mentre utilizzavano un elettrostorditore, una tecnica brutale e vietata che consente di paralizzare i pesci in acqua per poi catturarli facilmente con retini.
I numeri dello scempio
In appena tre ore, i due bracconieri erano riusciti a catturare 101 carpe e 2 siluri, per un totale di circa 350 chilogrammi di pesce. Un carico che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato trasportato all’estero, probabilmente verso i paesi dell’Est Europa, dove questo tipo di pescato finisce sul mercato nero o in ristoranti compiacenti.
Oltre al pescato, le forze dell’ordine hanno sequestrato l’attrezzatura da pesca illegale, compreso l’elettrostorditore, batterie, fili e contenitori refrigerati per il trasporto del pesce.
Un sistema organizzato e diffuso
L’episodio non è un caso isolato. Dietro queste azioni si nascondono vere e proprie bande organizzate, composte da piccoli gruppi di 3-4 persone che agiscono con una logistica ben strutturata. A guidarle, secondo alcune inchieste precedenti (come l’operazione “Gold River” del 2020), ci sarebbero “capiclan” che si occupano dello smistamento e della vendita, spesso verso mercati esteri.
Secondo alcune stime, questi gruppi possono arrivare a catturare fino a 600 kg di pesce in una sola notte, generando profitti anche superiori a 1.000 euro al giorno, completamente in nero e a danno dell’ecosistema.
Un danno ambientale e sportivo incalcolabile
Il danno arrecato da questi metodi è enorme e duraturo. L’uso dell’elettroshock non seleziona le catture: colpisce indiscriminatamente tutte le specie presenti, incluse quelle protette o in fase riproduttiva. Inoltre, questa pratica può uccidere o danneggiare anche uova e larve, compromettendo la biodiversità dell’intero habitat acquatico.
Per i pescatori sportivi, poi, la situazione è ancora più frustrante: l’impegno nella tutela, il rispetto delle regole, i permessi e i costi sostenuti ogni anno sembrano vanificati da pochi individui senza scrupoli che, impunemente, depredano i corsi d’acqua.
Cosa si rischia
I due fermati sono stati denunciati per pesca illegale in zona protetta e per l’utilizzo di strumenti vietati. Il procedimento è seguito dal Pubblico Ministero Ciro Alberto Savino, che ha annunciato l’intenzione di adottare una linea dura: “Servono punizioni esemplari, per fermare un fenomeno che si sta espandendo in tutta Italia”.
Tuttavia, le pene previste dalla normativa attuale sono spesso insufficienti a scoraggiare i recidivi. L’auspicio è che episodi come questo servano da monito e che si acceleri verso un rafforzamento delle leggi e dei controlli.
Serve una risposta concreta
Il bracconaggio ittico è una minaccia silenziosa ma devastante. Oltre all’aspetto economico, colpisce profondamente il valore sociale, ambientale e culturale della pesca in Italia. Chi ama la pesca sa bene che non si tratta solo di una passione, ma di un equilibrio tra uomo e natura, da proteggere con impegno.
È ora che istituzioni, forze dell’ordine, associazioni e pescatori uniscano le forze in modo sistematico. Servono più controlli, pene più severe, e soprattutto una rete di sorveglianza attiva lungo i corsi d’acqua più esposti, con l’aiuto anche della tecnologia: droni, sensori, segnalazioni in tempo reale.
🔗 Fonti principali:
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Il Resto del Carlino, link all’articolo
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Inchiesta “Gold River” (2020)
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Report Carabinieri Forestali – Ferrara